TRANSIZIONE ENERGETICA

Efficienza energetica aziendale, il caso di YKK Mediterraneo
Il comparto delle tecnologie per l’industria del recupero rottami metallici si dà appuntamento dal 14 al 16 maggio 2025 alla prima edizione del MCR EXPO – Metal Circular Recycling al Centro Fiera di Montichiari (BS).
Il salone dedicato al recupero e riutilizzo dei metalli ferrosi e non ferrosi ospiterà produttori di macchine e impianti per il trattamento dei rottami. Recupero, trasporto, tranciatura, separazione, compattazione, controlli radiologici, logistica, stoccaggio. Quindi macchinari quali cesoie, presse, trituratori, shredder, eddy current, flottatrici, trasportatori, ragni, benne, veicoli specifici, etc. Inoltre, saranno presenti i produttori di macchine e impianti di fonderia: forni fusori, impianti di colata, forni per trattamenti, laboratori, etc. E gli operatori commerciali dei rottami e dei metalli secondari ferrosi e non ferrosi.
In particolar modo gli investimenti in tecnologie per affinare il trattamento dei rottami metallici interessano sempre più direttamente gli stessi produttori di alluminio secondario, acciaio e ghisa. Un numero crescente di fonderie di alluminio punta per esempio a internalizzare le attività di raccolta, preparazione e affinamento del materiale secondo le proprie esigenze. La stessa cosa sta avvenendo nell’acciaio, con produttori siderurgici in concorrenza diretta con i fornitori di rottami ferrosi per l’approvvigionamento e trattamento del materiale. Comparto quest’ultimo che, per quanto riguarda sia i ferrosi che i non ferrosi, in Italia è molto frammentato. Le aziende quindi hanno spesso bisogno di raggiungere economie di scala maggiori per poter affrontare gli investimenti tecnologici necessari.
MCR Expo è patrocinato da Assomet, l’associazione nazionale delle industrie dei metalli non ferrosi. Molti dei quali rientrano nell’elenco delle materie prime critiche e strategiche del Critical Raw Materials Act 2024 dell’Ue.
«Gli obiettivi di transizione energetica dell’Europa – afferma il direttore di Assomet, Orazio Zoccolan – aumenteranno la domanda di metalli di base (alluminio, rame, zinco, silicio), materiali per batterie (litio, cobalto, nichel, grafite, manganese, piombo), terre rare e altri ancora. E sappiamo bene che i metalli rappresentano una risorsa permanente grazie al riciclo. Incentivare e promuovere l’attività di riciclo consentirà un migliore approvvigionamento di materie prime per le industrie manifatturiere, in particolare quelle impegnate su prodotti necessari alla transizione ecologica e digitale, riducendo la dipendenza da forniture extra Ue».
Nel mercato europeo è certo che continuerà a crescere la domanda di rottami per la produzione di metalli secondari in logica economia circolare e riduzione dell’impronta carbonica delle industrie di settore. La questione del recupero rottami metallici, ferrosi e non ferrosi, e della loro qualità si interseca inevitabilmente con il tema delle esportazioni di rottami verso destinazioni extra Ue. In riferimento al Decreto-legge n.84/2024, Assomet chiede il monitoraggio dei flussi, già previsto per i rottami ferrosi, sia esteso anche ai rottami di rame e alluminio. «La nostra proposta – afferma Zoccolan – prevede di aggiungere i codici Ateco dei rottami di rame e alluminio a quelli già presenti. Il giudizio complessivo sul provvedimento è positivo, riteniamo tuttavia necessario rafforzarne alcune misure per velocizzare gli iter autorizzativi. E ci uniamo alle considerazioni espresse da Confindustria, in particolare laddove sostengono i criteri dettati dall’economia circolare, che promuove il riciclo dei materiali strategici».
L’alluminio riciclato rappresenta oggi circa il 40% delle 13,5 milioni di tonnellate di fabbisogno europeo (elaborazione dati European Aluminium). Si prevede che per il 2050 la domanda complessiva di alluminio salirà a 18 milioni di tonnellate. E la quota di metallo secondario da riciclo dovrà necessariamente aumentare, spinta dal driver della sostenibilità con la crescente richiesta di metallo a minor impatto carbonico rispetto a quello primario. Il trend sta già comportando quindi una pressione sulla disponibilità e sui prezzi dei rottami. Per i quali dirimente è la qualità e quindi il miglioramento dei processi di selezione e trattamento del materiale raccolto.
Il tema è particolarmente sentito dagli operatori italiani. A partire dagli estrusori, che sono particolarmente focalizzati sull’alluminio secondario. Il problema della carenza di rottami rispetto alla domanda è stato per esempio recentemente sottolineato nel webinar Metef “L’alluminio tra sostenibilità e materia prima critica”. Roberta Maroni (sales manager di Norsk Hydro) e Roberta Niboli (presidente e ceo di Raffmetal spa) hanno posto l’accento sulle sfide dell’aumento del recupero di materiale sia pre che post consumo. Pertanto, attenzione alla limitazione dei flussi di export di rottami di alluminio verso destinazioni extra Ue (oggi quota del 18%, 1 milione di tonnellate nel 2023, prime destinazioni India e Tailandia).
Ma è evidente che nel mercato libero, per mantenere i rottami in Europa è essenziale il prezzo che gli acquirenti sono disposti a pagare. La competizione è quindi aperta a livello globale. Niboli mette quindi in guardia sulla capacità di politiche di sussidio per il settore nazionale dell’alluminio, compreso quello secondario, che la Cina può mettere in campo. Non solo sull’export, ma anche a supporto dell’import di rottami di qualsiasi origine geografica.
Sono molteplici i prodotti a fine vita che contengono rame. Dai cavi elettrici nelle loro innumerevoli applicazioni: reti di trasmissione e distribuzione, impianti degli edifici, cablaggi industriali, veicoli di tutti i tipi, etc.
Ma anche, per esempio, i RAEE. Vale a dire i rifiuti degli apparecchi elettrici ed elettronici, il cui tasso di raccolta e riciclo in Italia è però nettamente in ritardo rispetto alla media europea.
E i pannelli fotovoltaici, dove il rame è presente assieme ad altri metalli di grande utilità come l’argento, il silicio e lo stesso alluminio. La questione dello smaltimento dei pannelli fotovoltaici si porrà in maniera sempre più rilevante nei prossimi anni, visto che ci si aspetta un aumento anche dei tassi di sostituzione degli impianti.
Il riutilizzo del rame però è più difficile rispetto all’alluminio. I volumi prodotti da rottami sono in ogni caso in aumento. Secondo l’International Copper Study Group (ICSG), nel 2023 la produzione di rame secondario in oltre 40 Paesi membri monitorati è cresciuta di circa il 10% rispetto al 2022, superando i 4,5 milioni di tonnellate metriche. La quota di rame da riciclo sulla produzione totale è stata del 16,9%. Mentre l’International Copper Association (ICA) ha stimato che tra il 2009 e il 2018 la produzione da recupero di scarti pre consumo e di rifiuti post consumo ha coperto circa un terzo del consumo globale di rame.
Eppure, gran parte del rame giunto a fine vita nel mondo non viene riutilizzato. Il Rapporto Economia Circolare 2024 di Enea registra una quota non superiore al 20% a livello mondiale. Mentre in Europa il tasso di riciclo a fine vita è del 30%, secondo un report Enea.
«La produzione di catodi di rame interamente da materiale riciclato è resa impossibile da limiti tecnico-produttivi, oggi si può arrivare a non più del 40-45%. Inoltre lato mercato – spiega Massimo Vincenzi, direttore commerciale di Carlo Colombo spa – teniamo in considerazione che l’Europa dovrà giocare la partita del sottoprodotto rottame con player come la Cina. E sappiamo bene come si comporta la Cina quando ha un obiettivo. Pertanto sarà arduo per i produttori europei accaparrarsi i rottami, anche perché cambieranno le dinamiche dei prezzi. Fino ad oggi il rottame è infatti stato quotato a sconto sul prezzo LME del rame, ma sicuramente oggi si tende già verso un prezzo flat. Quindi il rame da riciclo sta diventando un materiale sempre più prezioso».
Importanti cambiamenti stanno avvenendo anche per quanto riguarda gli investimenti tecnologici per il recupero rottami metallici ferrosi. Questione centrale è sempre la qualità del materiale che si raccoglie e il suo affinamento rispetto alle esigenze della siderurgia.
Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi di Siderweb, osserva che in Italia ed Europa le acciaierie potrebbero «investire direttamente nella raccolta del rottame; incorporare la funzione della selezione del rottame in acciaieria; lavorare sul mix di carica dei forni elettrici, sfruttando le tecnologie emergenti per ottenere un acciaio migliore dal punto di vista chimico e delle emissioni». Pertanto, per i commercianti di rottame «si aprirà il tema del controllo della filiera. Potrebbero rendersi necessarie operazioni di consolidamento per ottenere economie di scala, ridurre le sovrapposizioni, avere una raccolta meno combattuta e stringere partnership. Così aumenterebbero le possibilità che la filiera possa rimanere indipendente».
Il contesto è quello dell’attesa massiccia riconversione dell’acciaio europea dal ciclo integrale ai forni elettrici, necessaria a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione dell’industria siderurgica continentale.
Su questo l’Italia è avanti, con una quota di produzione elettro siderurgica superiore all’80% dell’output nazionale rispetto alla media Ue del 45%. La riconversione anche in Germania e in altri Paesi dovrebbe quindi portare a un progressivo aumento della domanda europea di rottami ferrosi nei prossimi decenni. E a una riduzione degli ingenti flussi di esportazioni di rottami ferrosi raccolti in Europa verso destinazioni extra Ue, la prima delle quali è la Turchia che ha anch’essa come l’Italia una produzione siderurgica prevalentemente fatta con forni elettrici. Con relativo elevato fabbisogno di rottami ferrosi, in larga misura importati.
Ad oggi la domanda di rottami ferrosi da parte della siderurgia europea è ancora molto inferiore all’offerta. Pertanto molti volumi vengono esportati. Nel 2023 il saldo commerciale con i mercati extra Ue è stato positivo di 15 milioni di tonnellate. Raddoppiato rispetto al 2014.
Ma si ridurrà a 10 milioni di tonnellate entro il 2030, secondo un’analisi di Boston Consulting Group illustrata durante il convegno “La centralità del rottame nel futuro della siderurgia” organizzato da Siderweb e Ricrea – Consorzio Nazionale per il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Acciaio nell’ambito della fiera Ecomondo 2024 di Rimini.
Opposta la situazione dell’Italia, la cui bilancia nel 2023 è stata negativa per 5 milioni di tonnellate. Un deficit di rottami che per il momento i produttori siderurgici italiani trovano comunque largamente in altri Paesi Ue (85% dell’import).
La domanda mondiale di rottami ferrosi, secondo una sintesi Siderweb di varie analisi di mercato, crescerà del 2021 al 2030 a un tasso annuo compost0 (CAGR) del 3,3%. Da 658 a 883 milioni di tonnellate l’anno. Mentre l’offerta di rottami ferrosi nella stessa decade aumenterà con un CAGR del 3% da 668 a 868 milioni di tonnellate. Nell’Ue la domanda passerà da 88 a 101 milioni (CAGR 2%), e l’offerta da 103 a 110 milioni di tonnellate (CAGR 1%).
Sulla questione export Ue di rottami ferrosi i produttori di acciaio e la filiera della raccolta, del trattamento e del commercio dei rottami sono su posizioni opposte. In Italia così come in gran parte d’Europa.
Eurofer e Federacciai premono per bloccare quanto prima i flussi in uscita. L’obiettivo è evitare che i rottami siano esportati in Paesi concorrenti con norme ambientali meno severe, preservando la competitività della siderurgia continentale. «Poiché la domanda di questo materiale strategico è destinata ad aumentare – dice il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi – via via che la transizione verso l’elettrosiderurgia accelererà anche negli altri Paesi occorre intervenire a livello Ue per assicurare che ne rimangano in Europa volumi sufficienti. È dal 2014 che cerchiamo di impedire questa assurda situazione, ma non ci riusciamo».
Assofermet è invece contraria a limitazioni normative che distorcerebbero il mercato a detrimento del comparto dei rottami. E chiede pertanto di seguire le dinamiche di domanda e offerta, così come si evolveranno nei prossimi anni. «Le analisi di mercato sui rottami ferrosi – osserva la presidente di Assofermet, Cinzia Vezzosi – evidenziano come l’Europa sia in realtà l’area più tranquilla del mondo. Piuttosto, la riduzione della disponibilità di rottami “nuovi”, provenienti da taglio, cesoiati e ritorni di acciaieria, farà aumentare l’uso di materia prima che ha bisogno di “purificazione” e ulteriore lavorazione. In altre parti del mondo riescono a utilizzare grandi quantità di rottami vecchi grazie all’aggiornamento degli impianti e ad investimenti in nuove tecnologie. Noi abbiamo già processi e tecnologie di selezione approfondita del materiale, con l’utilizzo per esempio di sistemi ottici e a raggi infrarossi. Ma sono investimenti che necessitano di un ritorno economico, quindi le acciaierie clienti devono riconoscere una premialità di prezzo sul rottame di qualità».