23 Ottobre 2024 / METALLI

Recupero di rottami ferrosi di qualità e siderurgia: le sfide del settore

L’economia circolare dell’acciaio passa attraverso il recupero di rottami ferrosi. Che è l’essenziale materia prima di riciclo, in prospettiva sempre più importante per la transizione della siderurgia europea verso la produzione decarbonizzata con forni elettrici. In questo ambito l’Italia è leader. L’elettrosiderurgia rappresenta infatti oltre l’80% dell’output nazionale di acciaio, rispetto alla media Ue del 45%. Nel 2023, secondo Federacciai, su 35 siti operativi in Italia per la produzione di acciaio grezzo (21,1 milioni di tonnellate, -2,5% sul 2022), ben 34 erano forni elettrici utilizzanti rottami ferrosi come materiale di partenza.

La qualità dei rottami ferrosi per l’elettrosiderurgia

Ma servono sempre più rottami ferrosi con determinati livelli di qualità. «Le acciaierie italiane – evidenzia Romano Pezzotti, presidente di Fersovere srl e membro dell’Advisory Board di Faro Club – non vogliono alcune tipologie di rottame, come la banda stagnata dei contenitori metallici del cibo in scatola e quello derivante dalla raccolta differenziata tramite i cassoni delle isole ecologiche, soprattutto del Sud Italia, che è spesso scadente perché inquinato da materiali inerti, legno, plastica, etc. Quindi una parte del recupero di rottami ferrosi viene esportato dove viene comunque lavorato, per esempio in Turchia e in Pakistan. Se non ci fossero questi canali di vendita extra Ue, non ci sarebbe mercato per questo tipo di rottame. Pertanto, se si vuole tenere comunque tutto il rottame ferroso in Italia vista l’elevata domanda da parte dei nostri produttori siderurgici che la raccolta nazionale non riesce a soddisfare – sottolinea Pezzotti – servono adeguati investimenti tecnologici. Cioè occorre essere in grado di trattare anche questo tipo di rottame per renderlo adatto alle esigenze delle acciaierie, come per esempio fa il Gruppo Arvedi che sta raddoppiando il suo impianto di frantumazione capace di separare il metallo dagli altri materiali».

I dati Italia ed Ue del commercio estero di rottami ferrosi

L’Italia, per via della forte incidenza dell’elettrosiderurgia, è l’unico grande Paese europeo dipendente dalle importazioni di rottami ferrosi. Il trend prosegue da dieci anni: il saldo negativo dei flussi commerciali internazionali di rottami ferrosi si aggira tra i 4 e i 6 milioni di tonnellate l’anno (dati Istat). Nel 2023 per esempio l’Italia ne ha importato 5,9 milioni di tonnellate, per l’85% provenienti da altri Paesi Ue (Germania in testa con una quota del 30,5%). E ne ha esportato 0,9 milioni di tonnellate.

La situazione è completamente diversa se si considera la totalità dei 27 Paesi Ue. Il saldo export-import di rottami ferrosi tra Ue e Paesi extra-Ue è infatti nettamente positivo. E negli ultimi dieci anni è addirittura raddoppiato. Si è passati da 7,2 milioni di tonnellate di saldo positivo nel 2014 a 15 milioni nel 2023 (18,9 milioni di tonnellate esportate in Paesi extra Ue di cui il 56,1% in Turchia, 3,9 milioni di tonnellate importate).

Il ruolo della Germania nel mercato europeo

«La Germania in primis – spiega Pezzotti – è un grande esportatore di rottami ferrosi perché la maggior parte della siderurgia tedesca è ancora a ciclo integrale con altoforno. Si pensa di proibire in ambito Ue a una potenza economica come la Germania di esportare rottame in Turchia? L’enfatizzazione della questione dell’export verso Paesi extra Ue è una strategia per cercare di dominare il mercato dei rottami ferrosi, come vorrebbero i produttori siderurgici. Ma nella realtà non è possibile controllare il rottame, perché questo prezioso materiale è il locomotore di tutta la filiera dell’acciaio che si trascina i vagoni dei prodotti siderurgici (tondo, coils, barre, laminati, etc.). È il rottame che comanda il mercato siderurgico. E via via – prosegue Pezzotti – che la Germania riconvertirà la sua produzione di acciaio da ciclo integrale a forno elettrico i fornitori tedeschi di rottame avranno più scelta di vendita nel mercato domestico. Solo su basi di mercato si potrà quindi rallentare il flusso di esportazioni extra Ue».

Pezzotti poi osserva come sul lato del recupero di rottami ferrosi in Europa si rischi nei prossimi anni una progressiva carenza di offerta di materiale. La tensione è causata dal rallentamento dei consumi di beni e dei tassi di riciclo di prodotti a fine ciclo di vita. «Basta osservare il trend in calo delle vendite di auto nuove e della sostituzione del parco circolante in Europa. Se diminuiscono i volumi di rottamazioni di veicoli, si riduce anche il recupero di rottami ferrosi. Lo stesso vale per elettrodomestici e altri prodotti a contenuto metallico. Inoltre negli ultimi anni si è lavorato molto sulla razionalizzazione degli scarti delle lavorazioni meccaniche. Quindi ci sono anche meno rifiuti industriali».

Le trasformazioni nella filiera del recupero e del commercio di rottami ferrosi

La filiera siderurgica è formata dai raccoglitori di rottami ferrosi, dai trader di materie prime, dai produttori di acciaio, dai trasformatori, dai centri di servizio e di distribuzione commerciale dei prodotti.

«Non si può essere protagonisti di tutta la filiera, dal recupero di rottami fino ai centri di servizio. Eppure – nota Pezzotti – negli ultimi dieci anni i produttori siderurgici, soprattutto nel comparto del tondino, si sono messi a fare concorrenza agli operatori del comparto rottame. Cioè comprano direttamente i rottami dalla fonte e dai piccoli commercianti. Oggi sono autorizzati ad acquistare direttamente rifiuti metallici da officine e imprese di demolizioni industriali. E possono fare arrivare i container della raccolta differenziata nei loro stabilimenti. Ovviamente – conclude Pezzotti – il loro obiettivo è saltare l’intermediazione dei grossisti per acquistare a prezzi inferiori. Ma tutto questo gli riesce finché il mercato è piatto o in diminuzione. Perché quando il mercato va in tensione si blocca tutto, i prezzi si alzano e i produttori siderurgici rimangono senza rottame. La strategia che io, quando ero presidente di Assofermet Rottami, avevo suggerito in più occasioni a Federacciai era di suddividere i canali di approvvigionamento di rottame ferroso delle acciaierie. Cioè, il 60% dai grossisti, dove si paga un prezzo equo per la garanzia di consegna costante e continua, e il 40% direttamente con le loro società commerciali».

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